“Cinquant’anni fa
la vita sociale del mio paese, e forse dell’intera Sardegna, infatti, era
ancora in stretto
rapporto con la vita del Medio Evo e, per certi aspetti, anche con la vita
dell’epoca romana: schiettezza
linguistica, semplicità di costumi, credenze, rituali e abitudini legati al
mondo agropastorale,
strumenti e modalità di conduzione del lavoro artigianale e così via...”
Una Sardegna immacolata descritta grazie ai
ricordi dell’autrice Mariuccia Gattu
Soddu, un’isola nella quale il tempo si era fermato da centinaia di anni.
Un popolo che non curante del Continente coltivava la sua cultura millenaria da
generazioni e generazioni.
“Ricordi
di Sardegna: Orune nel cuore e nella storia”, pubblicato nel gennaio 2014
con la casa editrice TraccePerLaMeta Edizioni, è un viaggio nella storia
di un piccolo paese, Orune, già citato nel titolo del libro. L’autrice, con lo
scorrere delle pagine, rivela una realtà curiosa che nasce dai ricordi
dell’autrice, ricordi di conversazioni con la madre e con gli abitanti del
paese.
Un libro rivelazione viste le informazioni presenti di carattere
linguistico (infatti sono diverse le spiegazioni presenti che esplicano il
significato di nomignoli antichi) e
storico (anche grazie agli excursus sulla Seconda Guerra Mondiale).
Mariuccia Gattu Soddu è stata molto disponibile
nel rispondere ad alcune domande sulla sua vita e sulla sua recente pubblicazione.
Una curiosità che voglio lasciarvi è che la fotografia presente nella copertina
del libro è stata scattata nel 1985 e pubblicata sull’Unione Sarda. Buona
lettura!
A.M.: "Ricordi di Sardegna: Orune nel cuore e
nella storia", un titolo che centra l'argomento di ciò che i lettori
potranno assaporare. Come nasce l'idea di pubblicare, citando Luciano Piras,
"un saggio che saggio non è, un romanzo anche se non è romanzo"?
Mariuccia Gattu Soddu: "… bisogna che ci sia uno
che ti raccolga, ti resusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in un
giudizio finale." - "Il giorno del giudizio" - Salvatore Satta -
Parte seconda
A.M.: Una dedica importante: a mamma e babbo. Da
mamma, da figlia, da moglie, raccontaci un aneddoto sulla tua famiglia a te
caro.
Mariuccia Gattu Soddu: Ero lontana da casa quando
frequentavo la prima media e mi sentivo sola, abbandonata, fragile ed indifesa.
Venne un giorno mio padre a prelevarmi da scuola. Provai una gioia indicibile
perché, finalmente, le mie compagne potevano vedere che anche io avevo il mio
"Gigante", e che gigante! Con la mia mano nella sua mi sentivo sicura
e continuai a sentirmi così anche quando seppi dove, purtroppo, eravamo
diretti: alla camera mortuaria del vecchio ospedale di Nuoro. Lì mio padre
doveva identificare, prima della sepoltura, la salma di un giovane parente, i cui genitori non erano in grado di
farlo in quanto molto prostrati dal
dolore. Il luogo era lugubre e tetro e, paradosso, sembrava che l'unica fonte
di calore fosse quel corpo inanimato che stava dentro una bara. Quando ci
avvicinammo a questa, babbo con la sua mano, che percepii percorsa da un
fremito, strinse la mia fin quasi a farmi male e mi disse, con la voce
interrotta dalla saliva che gli si
fermava in gola:"Non timas chi ja'
ses chin mecus!"(Non temere che già sei con me!). Voleva infondermi coraggio e, infatti grazie a ciò,
non provai alcun timore. Solo nella mia tarda età (babbo allora
aveva trentasei anni e, purtroppo, morì
prima di compiere i cinquanta),
riflettendo su sensazioni e
sfumature di allora, non
sufficientemente da me recepite, mi son spesso domandata, con tenerezza mista a
rimpianto: Fra il Gigante e la bambina, chi dei due aveva più bisogno di
incoraggiamento e protezione?… Io, alla luce della mia esperienza, la risposta
ce l'avrei… E voi?…
A.M.: La scelta di accompagnare il sardo
all'italiano. Un modo per far conoscere l'arcana cadenza poetica della Sardegna
anche nella penisola?
Mariuccia Gattu Soddu: Per me è una rivalsa in
quanto a noi sardi è sempre stata inculcata l'idea che la nostra non fosse una
lingua ma una espressione dialettale di basso livello e chi, fra i nostri
colonizzatori, a vario titolo, comandava ne vietava l'uso soffocando così la nostra
naturalezza e con essa i nostri sentimenti e la nostra grande, seppur arcaica,
cultura. Mi rammarico di non aver parlato in sardo con i miei figli quando
erano piccoli ma allora mi avrebbero tacciato di snobismo, dato il posto
occupato da me e mio marito nella scala sociale, in quanto, agli occhi di
tutti, persone di cultura, per quanto
modesta. E, comunque, io penso in sardo e non sempre trovo in italiano parole
adatte ad esprimere i miei sentimenti, anche se ho sempre fra le mani il
miglior vocabolario di lingua italiana,
oltre che tanti vocabolari di
lingua sarda. Ora che, finalmente ho
capito e superato i complessi di inferiorità creatimi, nell'infanzia, da chi
denigrava il sardo, grazie alla
conoscenza, in qualità di insegnante di quarantennale esperienza, di tutti i
metodi di apprendimento, sto "sardizzando" i miei nipotini e sto
ottenendo risultati lusinghieri.
A.M.: "Ricordi di Sardegna: Orune nel cuore e
nella storia" traccia il ricordo antico di alcuni soprannomi sardi con la
spiegazione del loro significato, come ad esempio "Zi' ispiridada bie mortos" (Signora spiritata vedi morti) che
serviva anche come capro espiatorio per alcuni delitti di Orune. Che cosa
succedeva esattamente nel paese?
Mariuccia Gattu Soddu: Il nesso fra "sar ziar bie mortos"(le signore vedi morti) ed alcuni fatti di
sangue è sempre stata la credulità popolare e quel vento tempestoso definito
"petharju" (rapace) che
rendeva più aggressive certe persone, favorendo pulsioni omicide. Da qualche
parte ho letto che anche in Cina soffia spesso un vento simile con gli stessi
effetti di quello che soffia ad Orune. La fragilità cerebrale di certe vecchie
arteriosclerotiche, proprio nelle notti di vento, le portava a dialogare da
sole, ma a botta e risposta con cambio
alternato di voce, con persone già decedute, facendo tremare di paura chi le
sentiva e che, poi, ad eventi tragici avvenuti, metteva in correlazione i due
fatti, con la complicità della credulità altrui. Per quanto riguarda i
soprannomi c'è da dire che nessuno ne era immune anche perché entrava in gioco
il cambio di pan per focaccia. Ed eccone alcuni, fra i tantissimi che ho
raccolto in un quaderno di appunti: Ancar de lepa, gambe di coltello a
serramanico; acconza paracquas, aggiusta parapioggia; archiler de arzone,
garretti di roncola; ancar de pirottu, gambe di stuzzicadenti; burbi sicca culu
‘e nudda, vulva secca culo di niente
cioè sterile; boddaobu, sesso a uovo: bucca ‘e mazzonera iscusserta, bocca di
trappola per volpi rovinata; cras cochimus, domani cuociamo (il pane); caca
ridenne, defeca ridendo; caca untanas, caga fontane; conca ‘e brunillu, testa di tostacaffè; cabanor de
odde, guance di mantice; poddicher de avateca, dita di fave col baccello;
Jubanneddu ‘e sa luche, Giovannino della luce cioè lettore dei contatori; su
zeraballu iscussertu, l'amanacco guasto; su rimitanu imbeleschidu, il pezzente
avido recidivo; su priucu ingrassadu, il pidocchio ingrasssato; orcor de culu
‘e pudda, occhi di culo di gallina; iscaddica canes, interrompiaccoppiamento
cani … (non è possibile trascriverli tutti,
ma sappiate che a monte di ognuno c'è un aneddoto!)
A.M.: Nel libro, si parla di una terrificante
Seconda Guerra Mondiale, vissuta nella paura e nel razzismo. Cos'è accaduto
alle persone di fede ebraica di Orune?
Mariuccia Gattu Soddu: Gli Orunesi si sono sempre
contraddistinti per l'ospitalità e la pietà verso i derelitti ed i bisognosi;
hanno sempre considerato l'ospite sacro al punto che nel passato alcune faide
hanno avuto origine in seguito alla morte di qualche forestiero coinvolto suo
malgrado in risse scoppiate fra ubriachi. Quindi, stando a quanto raccontano
gli storici sardi, già dai tempi dei tempi Orune diede ospitalità ad Ebrei che
si inserirono talmente bene in mezzo al popolo da abbracciarne usi e costumi
fino a non distinguersi più fra loro quelle che allora venivano definite razze
diverse. Sembra che molti cognomi orunesi siano addirittura di origine ebraica e fra essi anche quello di mia madre (Pala)
e della mia bisnonna paterna (Tola).
Nemmeno in piena seconda guerra mondiale, quando dovunque si parlava di
Deportazione, nessun orunese fu additato e meno ancora discriminato come ebreo
anzi veniva ammirato un imprenditore nuorese, che tutti sapevano essere ebreo,
anche se veniva tacciato di avarizia come tutti gli altri immaginari ebrei.
Nessuno ha mai pensato, inoltre, che la religione degli ebrei fosse diversa
perché la nostra religiosità si basava sul sentimento, l'amore, la pietà, la
carità e chi provava tutto questo era amico dell'altro e insieme eran figli di Dio. Se, infine, qualche diversità
nei riti poteva manifestarsi, come scandalizzarsi se si pensa che ai miei tempi
si giurava ancora sul fuoco e sul cibo e se si ricorreva a "sos
berbos", preghiere contenute in speciali
cassettine, fra reliquie varie, per annullare fatture e magie? La mia famiglia, dalla bisnonna di mio
marito, ne ha ereditato una il cui
coperchio ha tante stelle incise… La darò a qualche
museo…
A.M.: Il fascismo e Mussolini. Nel testo scrivi a
proposito della morte del Duce ed è illuminante ciò che ne traspare: un popolo
che non ha festeggiato né per la presa del potere né per la morte di un uomo
che ha profondamente cambiato l'Italia e non solo.
Mariuccia Gattu Soddu: Io avrei poco da aggiungere
a quanto già da me riferito nel mio libro e tutto quello che ora scriverò è
conoscenza acquisita, oltre che dai racconti di mia madre, anche dal libro
"Poesia Orunese e Storia Locale" pubblicato dall'Amministrazione
Comunale di Orune e che è l'opera vincitrice del concorso bandito nell'anno
1987 - 88 per gli alunni della scuola elementare e media di Orune e i cui
autori sono gli alunni e le insegnanti coordinatrici Sandra Arridu e Giovanna
Arridu: Orune, nel 1924, dava a Mussolini la cittadinanza onoraria…. delibera: "Preso atto delle manifestazioni di
ammirazione e di stima che tutti gli abitanti di questo comune hanno dimostrato
a favore di S. E. il Presidente del Consiglio dei Ministri; considerato che
tutta la popolazione provata da tanti sacrifizi, ottiene il massimo
soddisfacimento offrendo a S. E. il P. del Consiglio dei Ministri la
cittadinanza onoraria, delibera di concedere la cittadinanza onoraria a S. E.
il Salvatore dell'Italia dalla follia bolscevica, il valorizzatore della nostra
vittoria…". Orune acclamava il Duce ma intanto la popolazione
continuava ad essere provata dai sacrifici e dalla fame (nel libro citato
sono riportate poesie comiche, e
tragiche a un tempo, su quella fame). Durante la guerra di Spagna molti Orunesi
(e fra essi anche mio nonno materno, che
fu ferito), convinti dal Duce della sacralità di questa guerra, partirono
volontari a combattere e qualcuno non tornò più perché in questa guerra perse
la vita. Quando mio nonno tornò dalla guerra di Spagna mi portò in regalo un
presepe di cui faceva parte un bellissimo gallo dalle piume colorate.
A.M.: Una protagonista essenziale del libro è tua
madre, ti rammarichi di non aver chiesto abbastanza, di non esserti informata
maggiormente quando era in vita, ma ciò che tua madre ti ha lasciato è un
patrimonio da salvaguardare. Una curiosità: com'è stato per tua madre esser, a
quell'epoca, figlia di due divorziati?
Mariuccia Gattu Soddu: Avrei preferito sorvolare
su questo argomento che per il mio clan, e in specie per mia madre, è sempre
stato tabù per cui non so fino a quale punto l'unica zia rimasta possa essermi
grata per averlo infranto. Mia madre ed i suoi quattro fratelli di primo letto,
portavano solo il cognome paterno e risultavano, nei documenti ufficiali, figli
di madre ignota, cosa di cui si vergognavano. Per non profanare il pudore di
mia madre, il suo disagio e la sua
sofferenza, in quanto protagonista di una storia dolorosissima a quei tempi per
la sua unicità, vi dirò solo che la mamma le mancò e che i primi due anni della
sua adolescenza furono terribili anche se tutti le dimostravano tantissimo
affetto (potrei scrivere un vero romanzo se decidessi di raccontare ciò che mia
madre mi ha sempre raccontato…). Sappiate, però, che le due nuove famiglie
furono una famiglia sola (oggi si direbbe allargata) dove tutti si volevano
bene e condividevano sentimenti ed
emozioni anche se i capostipiti principali
non si rivolsero mai più la parola ed
evitarono sempre di incontrarsi persino per la strada.
A.M.: "Ricordi di Sardegna: Orune nel cuore e
nella storia" è fondamentalmente diviso in due parti, una prima parte
introduttiva e specifica di argomentazioni che riguardano Orune ed, una seconda
parte decisamente più poetica. Quanto è importante la poesia per te ed in
generale per l'umanità?
Mariuccia Gattu Soddu: Oggi pochi amano la poesia
ma io reputo che essa sia capace di far riflettere ed educare i sentimenti. In
tempi come questi, a molti giovani, la politica di tornaconto, l'avvento di
programmi televisivi di infimo livello morale e culturale e la corsa sfrenata
al consumismo, hanno fatto dimenticare, a volte snobbare, i valori trasmessi dai nostri ascendenti e
dai "grandi" della cultura e della sana politica. Forse la scuola
dovrebbe valorizzare nuovamente la
poesia perché è sulla poesia, più che sulla prosa, che si soffermano a meditare
le nostre menti. Io mi sento onorata di
essere nata a Orune che, come scrisse Carlo Levi in "Tutto il Miele
è finito", ha la gloriosa fama di essere
paese di poeti.
A.M.: Hai delle presentazioni del libro in
programma? Potresti anticiparci qualcosa?
Mariuccia Gattu Soddu: Per usare uno dei nostri
soprannomi, io sono una "culi settida" (culo seduto) perché non amo
uscire di casa se non necessariamente per cui non ho assolutamente niente in
programma per nessuna presentazione, a meno che non la organizzino altri per
me…
A.M.: Salutaci con una citazione…
Mariuccia Gattu Soddu: "Tornano in alto ad ardere
le favole. / Cadranno colle foglie al primo vento. / Ma venga un altro soffio,
/ Ritornerà scintillamento nuovo." - "Stelle" - 1927 -
Giuseppe Ungaretti
A.M.: Mariuccia ti ringrazio infinitamente per le
tue parole, hai aperto tantissimi nuovi quesiti e curiosità su Orune e su ciò
che i tuoi avi ti hanno tramandato, sei una fonte di conoscenza. Spero di poter
leggere a breve quel romanzo sui racconti di tua madre.
Written by Alessia Mocci
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